Taraxacum

Taraxacum F. H. Wigg., 1780 è un genere di piante spermatofite dicotiledoni appartenenti alla famiglia delle Asteraceae, dall’aspetto di piccole erbacee dal tipico capolino radiato giallo.
Il nome del genere (Taraxacum) è attestato in epoca medioevale dal persiano (attraverso l’arabo) “Talkh chakok” che significherebbe “erba amara”. In Europa tale nome fu introdotto dal botanico di Francoforte Adam Lonitzer nel XV secolo. Esistono altre incerte etimologie dal greco antico collegate alle molteplici proprietà risananti di quest’erba.
Il nome scientifico del genere è stato proposto dal botanico germanico Friedrich Heinrich Wiggers (1746-1811) nella pubblicazione “Primitiae Florae Holsaticae 56. 1780. (29 Mar 1780)” del 1780.
I dati morfologici si riferiscono soprattutto alle specie europee e in particolare a quelle spontanee italiane. Le piante di questo genere sono alte da pochi centimetri a 40 cm (massimo 60 cm durante la fruttificazione di alcune specie) (senza fonte). In Europa e quindi in Italia raggiungono al massimo i 60 cm con le specie della sezione Ruderalia comprendente la specie più diffusa tradizionalmente chiamata Taraxacum officinale Weber. Il ciclo biologico prevalente è emicriptofita rosulata (H ros), ossia sono piante erbacee, a ciclo biologico perenne, con gemme svernanti al livello del suolo e protette dalla lettiera o dalla neve e hanno le foglie disposte a formare una rosetta basale. La riproduzione delle specie di questo genere può avvenire normalmente per via sessuale oppure anche in modo apomittico.
Le radici sono dei grossi fittoni perenni, a volte ramificati, con una tunica formata da fibre poco addensate. Il fittone è perenne e quando aumenta in grossezza la sua lunghezza si espande e si contrae alternativamente. Nella radice è presente un lattice amaro.
La parte aerea vera e propria del fusto è assente: dalla parte apicale del rizoma, posto al livello del suolo, emerge direttamente la rosetta basale e uno o più peduncoli (fino a 10) cavi e afilli dell’infiorescenza; questi possono essere glabri o villosi (soprattutto nella parte distale).
Le foglie sono solamente basali (rosette radicali) con disposizione lungo il caule alterna. Il picciolo è breve e spesso è alato, oppure è assente (foglie sessili). La lamina ha una forma da oblunga a obovata o oblanceolata o anche lineare-oblanceolata. I margini sono da interi a fortemente dentati o lobati o pennatofidi; possono essere roncinati. Gli apici sono da arrotondati o ottusi a acuti o acuminati. Le facce sono glabre o debolmente villose.
Le infiorescenze sono composte da diversi singoli capolini peduncolati. Raramente da un singolo scapo possono ramificarsi due o tre capolini. I capolini sono formati da un involucro a forma da campanulata a oblunga composto da brattee (o squame) disposte su 2 serie principali in modo embricato, all’interno delle quali un ricettacolo fa da base ai fiori tutti ligulati. Le squame si dividono in interne ed esterne (formano un calice basale all’involucro). Quelle interne (da 7 a 25) sono disposte in genere su 2 serie; sono strette, erette e tutte uguali a forma lanceolata e con superficie glabra; i margini possono essere scariosi, cigliati oppure no; gli apici sono acuminati. Le squame esterne (da 6 a 20) sono disposte su 2 – 3 serie; hanno una forma da ovata a lanceolata; sono distinte e diseguali, in genere sono più brevi delle squame vere e proprie dell’involucro; i margini possono essere scariosi, cigliati oppure no; nella parte apicale sono caratterizzate dai “cornetti” la cui forma è utile per distinguere una specie dall’altra; all’antesi spesso sono ribattute verso il basso. Il ricettacolo è piano e butterato (alla fine diventa convesso), è inoltre nudo, ossia privo di pagliette a protezione della base dei fiori.
I fiori (da 15 a 150 – fino a 300 in T. officinale) sono tutti del tipo ligulato (il tipo tubuloso, i fiori del disco, presente nella maggioranza delle Asteraceae, qui è assente), sono tetra-ciclici (ossia sono presenti 4 verticilli: calice – corolla – androceo – gineceo) e pentameri (ogni verticillo ha 5 elementi). I fiori sono ermafroditi, fertili e zigomorfi.
• Formula fiorale: per questa pianta viene indicata la seguente formula fiorale:
K 0/5, C (5), A (5), G (2), infero, achenio
• Calice: i sepali del calice sono ridotti ad una coroncina di squame.
• Corolla: la corolla è colorata di giallo a volte con sfumature verdastre, raramente il colore è crema o rosa pallido o bianco, spesso è violaceo tendente al grigio. Le corolle dei fiori periferici sono troncate con 5 denti apicali. La parte abassiale della ligula può essere più scura (quasi grigiastra).
• Androceo: gli stami sono 5 con filamenti liberi, mentre le antere sono saldate in un manicotto (o tubo) circondante lo stilo. Le antere sono e prive di codette e alla base sono acute.
• Gineceo: lo stilo è filiforme con peli nella parte inferiore degli stigmi; gli stigmi dello stilo sono due divergenti. L’ovario è infero uniloculare formato da 2 carpelli.
I frutti sono dei piccoli acheni di colore grigio-brunastro, paglierino, oliva o rosso; la forma del corpo è da oblanceoloide a ovoide, appiattita, angolosa (con 4 – 12 coste) con becco e pappo finale; la superficie in genere è glabra, mentre nella parte superiore (in prossimità del becco) è ricoperta da numerosi tubercoli ed aculei. Il pappo è persistente ed è formato da numerose (da 50 a 105) setole bianche (peli semplici) disposte su una serie.
• Impollinazione: l’impollinazione avviene tramite insetti (impollinazione entomogama).
• Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l’impollinazione dei fiori.
• Dispersione: i semi cadendo a terra (dopo essere stati trasportati per alcuni metri dal vento per merito del pappo – disseminazione anemocora) sono successivamente dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria).
La distribuzione delle specie del genere è soprattutto eurasiatica. Alcune specie (una quindicina circa) sono presenti anche in America del Nord e Sud America. Altre specie sono presenti in Australia e Nuova Zelanda. Sono piante che si adattano a qualsiasi terreno e condizione ambientale per cui gli habitat sono i più vari: pietraie, ambienti antropizzati, prati in genere, bordi delle vie, ambienti umidi con ristagno dell’acqua, pascoli alpini e schiarite boschive.