rispetto al magnatum, è un tartufo tutt’altro che da buttare purché fresco: è molto buono soprattutto per aromatizzare il brodo di tortellini, ravioli, passatelli.
In autunno c’è un’altra specie con il peridio quasi liscio, ma di colore grigio scuro con sfumature rossastre: è il Tuber macrosporum, una specie che viene trovata occasionalmente e venduta a prezzo basso insieme ai neri non pregiati. In realtà ha profumo simile a quello del bianco ed è una squisitezza: chi si trova ad una fiera del tartufo farebbe bene a cercare i pochi esemplari presenti nelle ceste di nero ed a comprarli.
Il più comune tra i tartufi è quel tartufo nero che citavamo in precedenza come venduto truffaldinamente per tartufo pregiato di Norcia: il Tuber aestivum. Ha peridio nero rivestito di grosse verruche piramidali e gleba color nocciola con venature più chia¬re (il nero pregiato ha gleba “bianconera”). Molti lo chiamano scorzone, altri gli attribuiscono il nome di tartufo dei Lessini, di Fragno (un centro vicino a Parma), dei Monti Berici, e così via, convinti che quello di casa propria sia il migliore. In realtà, considerato il prezzo molto basso (un quindicesimo circa rispetto al bianco), sarebbe un acquisto intelligente purché lo si sappia usare. Innanzitutto è migliore in autunno che in estate, poi è buonissimo se colto da poche ore, ma purtroppo sul mercato è raramente così. Si esalta nei cartocci di pesce o carne oppure se aggiunto (nei soffritti, nelle marinate, nei ripieni) in tutti quei piatti che poi saranno nobilitati dalla grattatina di tartufo bianco. In questo caso infatti si possono ottenere eccellenti risultati con un dosaggio di bianco molto inferiore. Ma la sua morte è…nel freezer. Mescolando infatti questo tartufo triturato con burro e ricavandone delle palline da conservare nel congelatore, dove stranamente il profumo si concentra ed evolve, si ottengono delle bombe aromatiche con cui realizzare piatti straordinari: fette di formaggio (soprattutto taleggio) appena scaldate sulla piastra con questo burro, filetti di manzo, involtini di sogliola, rognoncini, ecc.
Altrettanto comune è il Tuber mesentericum, misteriosamente pregiato nel Sud col nome di tartufo di Bagnoli; ha una tale puzza di aglio marcio e acido fenico che non riusciamo a capire come possa essere apprezzato.
Il Tuber melanosporum o tartufo nero pregiato di Norcia o del Périgord o, come lo chiamano nel centro Italia, tartufo dolce, ha peridio a verruche normalmente piccole, poco spesso, nero, gleba nera, venature fitte, sottili, bianche, traslucide; profumo forte e fruttato. Matura in inverno inoltrato, è diffuso in gran parte d’Europa e forse Giappone, vive in simbiosi prevalentemente con querce. Il suo valore commerciale va da metà a due terzi rispetto al bianco pregiato.
Il Tuber brumale o tartufo d’inverno o tartufo forte ha peridio simile a quello del melanosporum, gleba grigiastra, venature rade, spesse, chiare; profumo abbastanza pronunciato, più dolce e grato nella varietà moschatum. Matura in inverno inoltrato e vive in simbiosi con latifoglie anche arbustive, in particolare noccioli. Il suo valore commerciale è di 1 a 10 rispetto al magnatum.
TARTUFO = TRUFFE (NON SOLO IN FRANCESE)
Qualche anno fa alcuni furboni sono riusciti a produrre l’aroma di tartufo mediante sintesi chimica; la sostanza ottenuta è tossica, ma ha caratteri organolettici più stabili rispetto al vero tartufo o a suoi estratti naturali, per cui si adatta a comporre preparati (oli, burri e formaggi aromatizzati, creme, salse etc.) che sanno di tartufo e che possono ingannare chi non ha il naso ed il palato abbastanza esercitati. L’imbroglio è favorito dal fatto che la legge italiana consente assurdamente di utilizzare sulle etichette la dicitura “aroma naturale” anche se il prodotto usato proviene da sintesi chimica (purché ci sia identità di molecola). Ma, pur se la legge lo consente, è una vera truffa, perché il pubblico è logicamente convinto che una bottiglietta con la scritta, per esempio, “olio al tartufo” contenga effettivamente tartufo.
Questo fatto è purtroppo gravissimo per molte ragioni. Innanzitutto la salute della tartufaia dipende in prevalenza dal metodo di raccolta: se il tartufo è colto maturo con l’ausilio del cane, come